Il Museo Civico di Termini Imerese fu fondato nel 1873 e venne sistemato in un interessante complesso architettonico ottenuto collegando vari corpi di fabbrica di epoche diverse, tra i quali la cappella di S. Michele Arcangelo affrescata da Nicolò da Pettineo (XV secolo).
La raccolta dei reperti, la loro catalogazione e la possibilità di poterli vedere si deve a Baldassare Romano, l’illustre termitano che diede impulso agli studi archeologici nel territorio.
La raccolta dei reperti, la loro catalogazione e la possibilità di poterli vedere si deve a Baldassare Romano, l’illustre termitano che diede impulso agli studi archeologici nel territorio.
Solo nel 1873 (con la creazione del nuovo museo) la sua meritoria attività ebbe un degno coronamento. Morto sedici anni prima, Baldassare Romano non vide la nuova realizzazione, ma della sua opera rimarrà imperitura memoria perché a lui il Museo Civico di Termini Imerese è oggi intitolato.
Venne istituito per iniziativa di Ignazio De Michele e di Saverio Ciofalo, adattando i locali dell’ex ospedale dei Fatebene fratelli. Si compone di due sezioni (archeologica e storico-artistica).
La SEZIONE ARCHEOLOGICA (che comprende anche materiale proveniente da collezioni private) si articola in quattro sottosezioni. In quella preistorica sono raccolti lame, raschiatoi e bulini del Paleolitico Superiore ritrovati nel riparo del Castello e in alcune grotte del territorio termitano.
La sezione numismatica comprende monete d’argento di zecche greche e campane e monete di bronzo coniate da diverse città siciliane.
Nelle prima saletta sono raccolti sia i reperti ceramici provenienti dalla necropoli di Himera che reperti ed epigrafi termitane. Su un muro sono collocati due elementi della grondaia marmorea (a maschere leonine) che decorava il tempio della Vittoria di Himera. Da Himera (e precisamente da una tomba) proviene anche un cratere attico a figure rosse, databile intorno al 450a.C..
I numerosi reperti che provengono dalle necropoli di Thermae (databili dal IV secolo a.C.) offrono un panorama completo della cultura materiale ed artistica della città antica: terrecotte figurate; lucerne; vasi a vernice nera. Cospicua è anche la raccolta di epigrafi (ben 22 in lingua greca ed oltre cento in latino). Nella sezione dedicata all’età romana sono esposti ritratti, statue, fregi ed elementi architettonici che costituiscono una delle raccolte siciliane di maggiore interesse artistico e storico.
Tra i manufatti più celebri, il ritratto velato di Agrippina Maggiore (madre dell’imperatore Caligola); tra i più originali, il piede calzato forse di una statua colossale (decorato con motivi vegetali). Facevano parte della rete idrica cittadina (approvvigionata dall’Acquedotto Cornelio) i tubi di terracotta e piombo collocati su una parete. Uno stretto corridoio ospita una vetrina nella quale sono esposti oggetti di età medievale e moderna. All’epoca araba risalgono delle epigrafi funerarie e i blocchi di calcarenite recanti l’iscrizione commemorativa di un edificio costruito nella metà del X secolo.
La sezione numismatica comprende monete d’argento di zecche greche e campane e monete di bronzo coniate da diverse città siciliane.
Nelle prima saletta sono raccolti sia i reperti ceramici provenienti dalla necropoli di Himera che reperti ed epigrafi termitane. Su un muro sono collocati due elementi della grondaia marmorea (a maschere leonine) che decorava il tempio della Vittoria di Himera. Da Himera (e precisamente da una tomba) proviene anche un cratere attico a figure rosse, databile intorno al 450a.C..
I numerosi reperti che provengono dalle necropoli di Thermae (databili dal IV secolo a.C.) offrono un panorama completo della cultura materiale ed artistica della città antica: terrecotte figurate; lucerne; vasi a vernice nera. Cospicua è anche la raccolta di epigrafi (ben 22 in lingua greca ed oltre cento in latino). Nella sezione dedicata all’età romana sono esposti ritratti, statue, fregi ed elementi architettonici che costituiscono una delle raccolte siciliane di maggiore interesse artistico e storico.
Tra i manufatti più celebri, il ritratto velato di Agrippina Maggiore (madre dell’imperatore Caligola); tra i più originali, il piede calzato forse di una statua colossale (decorato con motivi vegetali). Facevano parte della rete idrica cittadina (approvvigionata dall’Acquedotto Cornelio) i tubi di terracotta e piombo collocati su una parete. Uno stretto corridoio ospita una vetrina nella quale sono esposti oggetti di età medievale e moderna. All’epoca araba risalgono delle epigrafi funerarie e i blocchi di calcarenite recanti l’iscrizione commemorativa di un edificio costruito nella metà del X secolo.
Potrebbe essere appartenuto ad una delle confraternite termitane un trecentesco gonfalone processionale attribuito alla cerchia di Paolo Veneziano. Raffigura nel recto la Crocifissione tra le figure della Madonna e San Giovanni; i santi Pietro e Paolo sono dipinti nel verso. A Gaspare da Pesaro ed aiuti è attribuito un trittico che raffigura la Madonna col Bambino tra i santi Giovanni Battista e Michele Arcangelo. La pregevole opera è del 1453.
E’ da collegare al ruolo svolto dai Francescani nella diffusione della devozione dell’immagine del Crocifisso la tardo quattrocentesca croce in marmo che un tempo sovrastava una colonna che era collocata di fronte alla Chiesa di S. Maria di Gesù (o della Gancia).
I dipinti che ornano le pareti del grande salone sono in gran parte opera di pittori nati o attivi a Termini Imerese. Di questi artisti il più noto è Vincenzo La Barbera, nato intorno al 1577, allievo e genero di Antonio Spadafora (pittore di spicco nella Termini a cavallo tra ‘500 e ‘600). Architetto e disegnatore per paliotti d’altare e arazzi, artista colto forse influenzato dal manierismo toscano, La Barbera realizzò pregevoli dipinti (alcuni dei quali sono custoditi nel Museo).
E’ da collegare al ruolo svolto dai Francescani nella diffusione della devozione dell’immagine del Crocifisso la tardo quattrocentesca croce in marmo che un tempo sovrastava una colonna che era collocata di fronte alla Chiesa di S. Maria di Gesù (o della Gancia).
I dipinti che ornano le pareti del grande salone sono in gran parte opera di pittori nati o attivi a Termini Imerese. Di questi artisti il più noto è Vincenzo La Barbera, nato intorno al 1577, allievo e genero di Antonio Spadafora (pittore di spicco nella Termini a cavallo tra ‘500 e ‘600). Architetto e disegnatore per paliotti d’altare e arazzi, artista colto forse influenzato dal manierismo toscano, La Barbera realizzò pregevoli dipinti (alcuni dei quali sono custoditi nel Museo).
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